Di fiera in fiera – 2022 Ed
Quest’anno non potevo farmi scappare il ritorno delle fiere vinicole dopo due anni di stop forzato; una rapida occhiata alle date ed il programma è presto fatto: ViniVeri – ripiglio – Vinnatur.
Mai come quest’anno lo spirito con il quale sono andato è stato così poco professionale.
Il motto recitava “vai, assaggia quello che ti senti e non scrivere nulla, nulla”. Ed è quello che sono riuscito a fare durante i due giorni di full immersion. Ma ora, a distanza di qualche giorno, non riesco a non buttar giù qualche pensiero che mi si è appiccicato addosso.
Lascio alla vostra immaginazione capire a quale manifestazione mi riferisco.
Una delle due fiere ha rinnovato i propri spazi raddoppiandoli a fronte (circa) dello stesso numero di produttori. Questo ha sicuramente permesso di girare più agevolmente tra i banchi di assaggio, di sostare a fare due chiacchere con i produttori senza spintonamenti vari e sicuramente con il vantaggio di avere meno brusio di fondo e di concentrarsi sulle parole e sui vini degustati. Quindi un voto sicuramente positivo a questa scelta che ha ripagato in termini di vivibilità della fiera.
A prescindere dagli spazi la sensazione è stata che ci fosse una differenza in termini di affluenza tra le due fiere. Premettendo che una fiera è stata visitata il sabato e l’altra il lunedì ho trovato una delle due fiere molto più affollata. Tra le tante considerazioni che si potrebbero fare, due per me sono importanti.
La prima è la pubblicizzazione dell’evento non solo nei giorni precedenti ma anche nei mesi che lo precedono, rendendo la fiera un tassello di un progetto e non un fine.
La seconda è la sensazione che una delle due fiere sia un evento consolidato ed imprescindibile per molte persone che, dovendo scegliere dopo anni di nulla cosmico, si sono riversate su una a discapito dell’altra.
Ho notato poi molte differenze di genere e di fasce d’età tra le due giornate.
Tralasciando le varie categorie di persone (o personaggi) incontrati e sui quali altre testate hanno scritto a dovere, due tratti mi hanno colpito. In una fiera, rispetto all’altra, era molto più importante la componente femminile tra il pubblico e, sempre nella stessa, l’età media dei partecipanti era più bassa.
Fatto sicuramente positivo è che molti giovani si approccino al vino “non mainstream” tuffandosi in questi eventi che sono un viatico essenziale per qualsiasi appassionato. Fatto negativo è aver notato una differenza di affluenza dei giovani tra le due manifestazioni. Che il target di riferimento e la comunicazione siano incentrati su fasce d’età diverse? Ci sta. Non è però, a mio modo di vedere, una scelta che pagherà negli anni.
Premettendo che gli assaggi alle due fiere non sono stati programmati ma lasciati ispirare dal sentimento e dalla simpatia che provavo, a pelle, per i produttori dietro alle bottiglie, tengo per ultima la nota più difficile da esprimere e argomentare.
Più che in altri anni ho trovato differenze stilistiche significative tra i vini presenti alle due fiere.
In una fiera i vini erano mediamente più eleganti, puliti, con più frutto e meno lavorazioni o elucubrazioni post vendemmia. Nell’altra ho invece intravisto molta ricerca e sperimentazione, a volte al limite per il mio palato. Negli anni passati non erano state così marcate le differenze ma quest’anno sono rimasto stupito perché sembra che questo voler spingersi al limite sia voluto, cercato e rivendicato a tutti i costi. Ho trovato, in una, molti vini che mi hanno lasciato perplesso in termini di bevibilità e che alla domanda “me ne berrei una bottiglia da solo?” la risposta è stata spesso, no grazie.
Non so dire se quest’anno il fatto di andare un po’ a zonzo mi ha permesso di assaggiare un campione più significativo per definire la popolazione (parlando in termini statistici) che compone questi due eventi, ma sicuramente le differenze sono state notevoli.
In entrambe mi hanno maggiormente colpito i vini più spigliati e genuini; vini non d’annata, pronti per essere bevuti e con una riconoscibilità delle uve utilizzate per il territorio in cui viene prodotto.
Concludendo quest’ ultimo capitolo, che meriterebbe un approfondimento ma che devo ancora digerire completamente, mi viene da chiedermi: sono cambiati i vini, lo stile dei produttori oppure semplicemente i miei gusti?